Alla mensa dell Parola – Pentecoste

“Fuoco. Luce. Tuono. Vento. Finalmente è Pentecoste!” Un commento al Vangelo di domenica 4 giugno di Paolo Curtaz. (qui il link alla sua pagina)

Ribaltaci

Gv 20, 19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.

E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

 

Quel giorno in cui avete ascoltato la Parola e, per la prima volta, l’avete sentita riecheggiare nel vostro cuore in modo nuovo, vivo, tagliente, è perché c’era lui, lo Spirito.

Quella volta in cui avete incrociato una persona significativa, un prete carismatico, un amico sincero che vi ha parlato di Dio e avete sentito un fuoco interiore accendersi c’era di mezzo lui, lo Spirito.

Quel momento in cui, diventati discepoli, non sapevate superare la tenebra che soffocava la vostra anima e avete ricevuto quel messaggio, quella telefonata, quel piccolo segno inattesi che vi hanno ridato speranza, era ancora opera dello Spirito.

Quell’incontro difficile in cui eravate arrivati senza energia e sulle difensive, e che invece è sfociato in un’intesa improbabile era ancora lui, lo Spirito.

Quella confessione che vi ha cambiato la vita, che vi ha fatto sentire amati, che ha spalancato in voi lacrime di commozione e di stupore, è stata resa possibile dallo Spirito che ha fatto breccia nel cuore.

Primo dono del risorto ai credenti.

Pegno d’amore donato dalla croce.

Fuoco. Luce. Tuono. Vento.

Finalmente è Pentecoste.

Shevuot

Shevuot, la festa della mietitura, Pentecoste per i fedeli greci che ricordano la sua celebrazione cinquanta giorni dopo Pesah, era una festa agricola che, col passare dei secoli, era stata arricchita da un’altra interpretazione: in quel giorno si ricordava il dono della Torah sul monte Sinai.

Israele era molto fiero della Legge che Dio gli aveva consegnato; pur essendo il più piccolo fra i popoli, era stato scelto per testimoniare al mondo il vero volto del misericordioso.

Proprio il quel giorno, e non casualmente, Luca situa la discesa dello Spirito Santo. Spirito che era già stato donato, dalla croce e il giorno di Pasqua. Perché ripetere questa effusione? Perché quel giorno?

Forse Luca vuole dire ai discepoli che la nuova Legge è un movimento dello Spirito, una luce interiore che illumina il nostro volto e quello di Dio! Gesù non aggiunge precetti ai tanti (troppi!) presenti nella Legge orale, ma li semplifica, li riduce, li porta all’essenziale.

Un solo precetto, quello dell’amore, è richiesto ai discepoli.

Ma cosa significa amare nelle situazioni concrete? Come non scivolare in un generico e annacquato buonismo che nulla smuove?

Lo Spirito ci viene in soccorso. Gesù non dona delle nuove tavole, cambia il modo di vederle, ci cambia il cuore, radicalmente.

Oggi festeggiamo la Legge che lo Spirito ci aiuta a riconoscere.

Tuoni, nubi, fuoco, vento.

Luca descrive l’evento rimandando esplicitamente alla teofania di Dio sul monte Sinai: i tuoni, le nubi, il fuoco, il vento sono elementi che descrivono la solennità dell’evento e la presenza di Dio ma che possono anche essere riletti in una chiave spirituale.

Lo Spirito è tuono e terremoto: ci scuote nel profondo, scardina le nostre presunte certezze, ci obbliga a superare i luoghi comuni sulla fede (e sul cristianesimo!).

Lo Spirito è nube: la nebbia ci costringe a fidarci di qualcuno che ci conduce per non perdere la strada della verità.

Lo Spirito è fuoco che riscalda i nostri cuori e illumina i nostri passi.

Lo Spirito è vento: siamo noi a dover orientare le vele per raccogliere la sua spinta e attraversare il mare della vita!

Lo Spirito diventa l’anti-babele: se l’arroganza degli uomini ha portato alla confusione delle lingue, a non capirsi più, la presenza dello Spirito ci fa udire un solo linguaggio, una sola voce.

Invochiamo lo Spirito quando non ci capiamo in famiglia, in parrocchia, sul lavoro. Invochiamolo quando non riusciamo a spiegarci.

Lo Spirito fa diventare i pavidi apostoli dei formidabili evangelizzatori: ora non hanno più paura e osano, vanno oltre, dicono senza timore la loro fede e la loro speranza.

È la Pentecoste: la Chiesa si inebria e diventa missionaria.

Lingue di fuoco

Un unico Spirito, diviso in tante fiamme che accendono i cuori dei singoli discepoli.

Una moltitudine di lingue, di esperienze, di opinioni eppure tutti i convenuti a Gerusalemme sentono proclamare la stessa notizia di grazia e di salvezza.

È lo Spirito che rende la nostra diversità e la nostra unicità un dono e non una maledizione. È l’ampiezza dell’amore ricevuto che permette alla Chiesa di essere larga, lunga e profonda.

Possiamo avere molti testimoni e insegnanti, ma solo lo Spirito ci può condurre alla verità, alla pienezza, in modi che a volte nemmeno osiamo immaginare.

Uno Spirito che ci conduce al perdono. Perdono donato a chi ha il coraggio di riconoscersi peccatore. Peccato riconosciuto solo se illuminato dall’amore di Dio che vuole per noi il bene e il meglio e ci conduce su strade di crescita che dalla tenebra conducono alla luce.

Sappiamo bene quanto il mondo ha bisogno di perdono. E di pace.

E anche ciascuno di noi.

 

Ecco, invochiamo lo Spirito.

Lasciamo che sconvolga ancora la nostra Chiesa.

La nostra vita.